Camaleontica, eclettica, stilosa. Kristen Stewart passa con disinvoltura dai panni dell’inquieta Bella Swan, eroina della saga Twilight e moderna Giulietta, a quelli della più intraprendente Biancaneve della storia, per ora affascinarci nelle vesti di Jean Seberg, attrice e icona di stile degli anni ’60 e ’70, vissuta tra Parigi e Los Angeles e scomparsa prematuramente in modo tragico.
A raccontarci la sua storia è “Seberg” di Benedict Andrews, presentato fuori concorso a Venezia 2019, un film che lascerà il segno anche per come affronta il tema, più che mai attuale, del confine tra vita pubblica e privata. Capelli mechati, sguardo sfuggente, ma sicuro di sè, l’attrice e modella statunitense, in conferenza stampa proprio nel giorno del quarantesimo anniversario della morte della Seberg, dipinge con rispetto e tenerezza il suo personaggio ( e un pò se stessa), facendone emergere l’altruismo, il coraggio, la fragilità e quella strana “fame negli occhi” che faceva di questa star appena ventenne molto più di un “pixie cut” favoloso.
Che immagine voleva dare di Jean Seberg ?
“Volevo ritrarla come una donna che cerca disperatamente di mantenere i contatti con la gente, la vita vera, il mondo. Sento anch’io questo bisogno di conservare un sano rapporto con me stessa e gli altri. La cosa curiosa è che, rivedendola nei film o nel materiale usato per prepararmi, non mi ero mai accorta della “fame” nei suoi occhi, della necessità quasi impellente di essere connessa con le persone. Questo l’ha resa così brava sulla scena”.
E dal punto di vista umano?
“Jean era molto impegnata sul versante civile e umanitario in anni in cui la gente non voleva guardare e, soprattutto, vedere le necessità altrui. È arrivata addirittura a sacrificarsi per gli altri; la sua fine tragica deriva dal coraggio di mettersi in gioco e dalle scelte coraggiose e definitive della sua vita. Per questo è importante capire come la Seberg fosse molto di più di un’icona di stile o di un bel taglio di capelli”.
Il suo personaggio, essendosi legato sentimentalmente a un leader dei gruppi estremisti neri, viene sorvegliato, pedinato, registrato anche nell’intimità dall’FBI. Pensa che questo possa accadere anche ai giorni nostri?
“Viviamo tutti in modo molto pubblico, non c’è bisogno di spiare o andare a frugare nelle mail per sapere qualcosa. Se qualcuno, poi, si presentasse come una minaccia per l’America, non sarebbe un caso isolato o qualcosa di speciale come ai tempi della nostra storia”.
Questo film non è solo un omaggio alla Seburg, ma anche al cinema francese che l’aveva accolta a braccia aperte e che lei amava…
“Credo che l’accoglienza benevola che Jean aveva trovato nella Nouvelle Vague fosse dovuta all’atteggiamento di verità da lei dimostrato costantemente. Se leggete le recensioni dei film o vedete le performances di quest’attrice, avvertirete qualcosa di naturale, onesto nella sua recitazione. Era come se andasse a scavare nella realtà. Ho percepito il suo desiderio di essere accettata, era come dicesse: “Guardatemi, sono vera”.
Ha raggiunto la fama in giovane età, si sente più preparata, oggi, ad affrontare il mondo del cinema rispetto agli inizi?
“Ora sono pronta per qualsiasi cosa, non temo nulla! (Accompagna l’affermazione con un gesto di auto-incitamento). Mi sento così orgogliosa delle persone con cui ho lavorato recentemente che vorrei lo vedesse anche il pubblico. Non sono assolutamente intimidita, vorrei cercare di “toccare terra” per così dire. Cerco di non pensarci troppo e di vivere quest’esperienza nel modo più naturale, istintivo possibile”.
Una frase del film dice: “la rivoluzione ha bisogno delle stelle del cinema”. Cosa pensa del legame tra star system e impegno politico?
“Preferisco non frequentare i social, tuttavia mi piace l’interazione con il pubblico, mi sento aperta alla comunicazione. Non sono impegnata politicamente, ma non ho mai fatto mistero riguardo alle mie opinioni: esse traspaiono da quello che dico e dai lavori che scelgo”.