E’ un vuoto doloroso nel mondo dell’arte: un grande artista quale Ennio Finzi ci ha lasciati, aveva 93 anni e le condizioni fisiche già precarie gli avevano impedito di partecipare, due settimane prima, all’inaugurazione della mostra che gli è stata dedicata a Ca’ Pesaro, la prestigiosa Galleria Internazionale d’Arte Moderna della Città di Venezia.
Curata dalla direttrice Elisabetta Barisoni e dal critico Michele Beraldo la mostra omaggio a Finzi, che sarà visitabile sino al 6 ottobre, rientra nel progetto di valorizzazione degli artisti presenti nelle raccolte civiche di Venezia. Esposta una selezione di sue pregevoli opere, risalenti agli anni 50-60, come “Giallo su grigio” del 1957.
Per raggiungere la sala, e Finzi quanto ne sarebbe stato felice, bisogna passare davanti a quadri e disegni di Gustav Klimt, Marc Chagall, Vasilij Kandinskij, Paul Klee, Henri Matisse, oltre ad un ampio nucleo di sculture di Medardo Rosso, Auguste Rodin, Arturo Martini e Giacomo Manzù,per poter poi ammirare quei colori così importanti nella sua pittura.
Nel 2008 disse che «Il Colore è la Retina che si inebria di Bellezza chiedendo soccorso all’Udito». Artista tra i più radicali del Novecento italiano – affermano Elisabetta Barisoni e Michele Beraldo – Ennio Finzi è stato capace di sovvertire il linguaggio informale del dopoguerra perseguendo un’inconsueta ricerca fondata sui valori atonali e timbrici del colore, rappresentando per questo un modello di pittura che Luciano Caramel ha definito “irrituale”, sottolineando a sua volta la grande e innovativa creatività del maestro veneziano.
Viceversa ha saputo anche tracciare un percorso meno concitato e più sotteso alla riflessione percettiva, conducendo un’approfondita indagine sulle strutture intrinseche della forma, nel tentativo forse di domare e “piegare” le proprie ingovernabili contraddizioni.”Da questo sintetico quadro generale – precisa la direttrice Elisabetta Barison – abbiamo scelto di rappresentare l’artista veneziano con alcune delle sue opere più emblematiche degli anni Cinquanta, come le “geometriche” Scale cromatiche, dove l’intermittente apparire del colore si snoda in limpide partiture a fasce verticali; Ritmi vibrazione, dove il giallo scorre esile e filiforme in rapida e cangiante progressività temporale; o come Bianco su bianco e Grigio su grigio dove la luce si rivela quale emittente spirituale di una materia diradata, dai confini labili e indistintamente sospesi.”
Ennio Finzi (Venezia,1931), si è diplomato all’Istituto d’Arte di Venezia, ha studiato violino e nel dopoguerra ha frequentato importanti artisti come Emilio Vedova e Virgilio Guidi. Oltre a una mostra personale nel 1956, dal 1949 ha esposto varie volte alle collettive della Bevilacqua La Masa. Nel 1961 si è trasferito a Milano dove si è dedicato al design e nel 1964 a Sanremo. Nel 1968 il ritorno nell’amata Venezia assumendo l’incarico di assistente di Carmelo Zotti all’Accademia di Belle Arti. Con un suo personale linguaggio ha anche avuto una parentesi dedicata all’arte programmata e cinetica. Nel 1986 l’invito alla Biennale di Venezia, seguito da altri importanti riconoscimenti in Italia e all’estero.
Ennio Finzi il pittore, l’astrattista patologico, come lui stesso amava definirsi, ricorda Francesca Brandes. Finzi l’eterodosso, lo sperimentatore. Con lui – sottolinea la storica dell’arte – probabilmente scompare una grande parte della coscienza artistica del Novecento italiano, dato che è forse impossibile definire il suo operato senza attraversare tutta la seconda metà del Secolo Breve, le fibrillazioni storiche e culturali, la provocazione costante.