L’uomo dagli occhi di ghiaccio…. e dai molteplici talenti

Dopo aver vinto il Premio del Pubblico a Toronto e inaugurato il Festival di Zurigo, Viggo Mortensen approda alla Festa del Cinema di Roma per presentare “Green Book”, film diretto da Peter Farrelly che racconta l’amicizia on the road tra il musicista di colore Don Shirley e il suo autista italoamericano Anthony Vallelonga (detto Tony Lip e noto per il ruolo del boss Carmine Lupertazzi nella serie televisiva I Soprano), interpretato proprio dall’attore di origine danese candidato all’ Oscar con “La promessa dell’assassino” e “Captain Fantastic”.

Solo uno dei mille volti dell’indimenticabile Aragorn della trilogia cinematografica “Il Signore degli Anelli” che, oltre a recitare, si dedica anche a poesia, musica, fotografia e pittura, realizzando dipinti astratti esposti nelle gallerie di tutto il mondo. L’a- vreste mai detto che i quadri del film “Delitto perfetto” sono opera sua?

On the set of “Green Book”

Come ha imparato l’italiano?

“Non ho avuto un dialect coach, mi ha aiutato la famiglia Vallelonga. Il padre di Tony Lip era calabrese; il suo italiano era un mix dialettale che comprendeva anche parole inventate, una lingua tutta sua, molto divertente”.

Per interpretare al meglio quell’ italoamericano ha stretto un legame particolare con la sua famiglia…

“Tutto è iniziato quando Nick Vallelonga, sceneggiatore del film, mi ha invitato nel New Jersey per conoscere i suoi parenti. Mi hanno fatto mangiare una quantità impressionante di cibo: non appena finivo una portata, ne arrivava subito un’altra per una durata di cinque ore. E’ stata un’esperienza divertente, emozionante e molto utile per la costruzione del personaggio”.

Come ha scelto Green Book?

“Ho letto la sceneggiatura e l’ho trovata incredibile: mi ha fatto ridere, piangere, riflettere, ma mi preoccupava l’idea di interpretare un italoamericano: non volevo fare di Tony una caricatura. Interpretare una persona reale è una grande responsabilità”.

C’è riuscito in modo eccellente.

“Ho dovuto ingrassare una ventina di chili, ma ne è valsa la pena. Sul set, osservavo la reazione di Nick, figlio di Tony : se si emozionava, sapevo di aver fatto un buon lavoro”.

Un motivo per vedere questo film?

“E’ un viaggio, soprattutto mentale, che porta a riflettere sui limiti delle prime impressioni e dei pregiudizi. Storie come questa acquistano particolare valore nell’attuale contesto storico: aiutano ad essere più aperti riguardo a noi stessi e agli altri”.

Allude a discriminazione e razzismo?

“Oggi, nel mondo, c’è molta ignoranza, ma quello che spaventa maggiormente è il fatto che le perso- ne che occupano posizioni di potere (politici, capi di Stato, organizzazioni internazionali) non capiscano o fingano di non comprendere per interesse. Ciò che conta e fa la differenza, ogni giorno, sono i piccoli gesti come quando sbatti contro qualcuno, facendogli cadere a terra la spesa. In quel momento puoi chiedere scusa o far finta di niente. Ci sono sempre persone pronte a fare la cosa giusta. Un film come Green Book può essere utile perché non dice alle persone cosa pensare,ma le invita a farlo”.

La pellicola racconta dell’amicizia tra Tony Lip e il pianista afroamericano Don Shirley, che aveva assunto l’italoamericano per guidarlo in tournée. E’ stato difficile ricreare una simile affinità sul set?

“Mahershala Ali ( il coprotagonista) è una persona speciale e generosa. Mi ha aiutato a esprimermi al meglio perchè sapevo che, così facendo, avrei permesso anche a lui di farlo. Anche la regia è stata straordinaria. Lavorare così diventa un privilegio”.

Si è parlato di suo debutto alla regia… Cosa ha imparato dai cineasti con i quali ha lavorato?

“Ho avuto ottimi insegnanti tra cui David Cronenberg, Matt Ross ( che ha diretto Captain Fantastic) e ora Peter Farrelly. Tutti loro hanno un aspetto in comune: credono nell’importanza del lavoro di squadra. Durante la lavorazione, il regista di “Green Book”dice- va di essere aperto ai suggerimenti di chiunque. Dirigere, sotto questo aspetto, è come recitare: è necessario saper ascoltare”.

Le piacerebbe recitare in un film italiano?

“Sarebbe grandioso: una bella sfida! Se posso esprimermi in elfico, posso farlo anche in italiano. In un ristorante, qui a Roma, ho incontrato Giuseppe Tornatore. E’ stato interessante parlare con lui anche se scegliere un regista italiano non è facile: ce ne sono troppi di validi”.