Quando l’eleganza innata (quella che prescinde dall’abbigliamento e la compostezza) e il talento si uniscono a umiltà, acutezza, ironia non si può non esserne conquistati. Ed è proprio un pubblico ammirato quello che accoglie Cate Blanchett, ospite di un incontro ravvicinato alla Festa del Cinema di Roma, dove ha presentato il film “Il mistero della casa del tempo”.
La sua algida regalità, capace però di comunicare forti emozioni, ci ha fatto amare ogni personaggio cui Cate ha dato vita: dalla Daisy di “Il Curioso Caso di Benjamin Button” fino alla grande interpretazione di “Elizabeth”, passando per ruoli complessi come “Carol” o la protagonista di “Blue Jasmine”di Woody Allen.

Global ambassador di Giorgio Armani Beauty e reduce dai red carpet di Cannes, dove era presidente di giuria, e Venezia appare radiosa e carismatica nell’essenzialità di un tailleur pantalone nero, arricchito da uno stravagante paio di scarpe e da uno smagliante sorriso.
L’aspetto più affascinante della sua professione?
“Dar vita a un personaggio è un’esperienza antropologica: questo mi ha sempre interessata e coinvolta”.
Qual è la sua idea di creatività?
“Siamo creativi perché istintivamente curiosi come i bambini che pongono mille domande. Quando cresciamo, alcuni di noi smettono di esserlo per evitare di correre dei rischi. Non c’è grande rivelazione o scoperta che non sia frutto di una serie di errori o fallimenti precedenti”
Approda al cinema dopo una solida preparazione teatrale, ha mai sentito l’ansia di arrivare?
“La mia carriera cinematografica è iniziata piuttosto tardi. Avevo 25 anni e mi dicevano: se non ti sbrighi, perderai tutte le occasioni. Poi ho interpretato due film con la Century Fox e “Bandits” di Barry Levinson e, improvvisamente, il successo è arrivato”.
Che differenza ha riscontrato tra il palcoscenico e il set?
“Il teatro permette di instaurare un rapporto diretto con il pubblico ed è un lavoro d’equipe. Il cinema, invece, contempla un’opera di approfondimento, di studio per delineare la personalità di chi interpreti, cosa che conferisce all’attore una maggiore libertà creativa”.

Com’è stato recitare accanto a Brad Pitt ne “Il Curioso Caso di Benjamin Button” di David Fincher?
“Brad era orribile in quel film! È stato difficile provare dei sentimenti per lui- scherza facendo riferimento all’ aspetto invecchiato del bello di Hollywood per esigenze di copione. Ho amato vari aspetti di questo lavoro: regia, sceneggiatura e Brad. Mi ha colpito particolarmente la scena in cui il mio personaggio tiene Benjamin neonato tra le braccia mentre muore. Una madre sa cosa si può provare in un momento simile”.
Nel film “Carol”, invece, si racconta la coraggiosa storia d’amore di due donne nell’America degli Anni 50.
“Non penso mai al genere quando recito, per me un personaggio è semplicemente un essere umano. Avevo letto il libro di Patricia Highsmith, che racconta questa storia, quando ero al liceo, ma in passato sarebbe stato difficile realizzare un film su due donne lesbiche che vogliono vivere la loro storia nonostante tutto”.
Parliamo del suo ultimo lavoro, il film fantasy “Il mistero della casa del tempo”.
“Questa pellicola nasce dalla casa di produzione Amblin Entertainment che, in passato, ha realizzato tanti successi per ragazzi come Poltergeist, Gremlins, E.T, film che trasmet- tevano vera suspense. Negli anni, quel genere di cinema è stato spesso addolcito, semplificato. Per ricreare il brivido di tali capolavori hanno interpellato il regista Eli Roth, maestro dell’horror, molto brillante e creativo. Ci siamo divertiti parecchio”.