Sembra provenire da un altro pianeta, un mondo surreale, inquietante e fantastico in cui le idee sono al centro di tutto e prendono forma, divenendo arte. Qui vive David Lynch, il regista che mescola sapientemente luci e ombre, concretezza ed astrazione, realtà e sogno che, a volte, si trasforma in incubo.
Il suo primo interesse è stata l’arte, passione che ancora coltiva con successo…
“Mi definisco un cercatore di idee.A volte arrivano improvvisamente e senza una motivazione precisa, procurandomi grandi emozioni. Alcune di esse nascono per il cinema, altre arrivano per la pittura, altre ancora per moltissime altre cose. Mi piace poter ritrarre delle idee, trasportarle su tela. Mi siedo a dipingere e, mentre lo faccio, è uno scambio continuo. In questo momento devo dire che sono interessato alla pittura un po’naif, infantile”.
C’ è un artista che ama in modo particolare o che la rappresenta?
“Francis Bacon. Lo trovo straordinario con i suoi fenomeni organici e la distorsione della figura umana”.
Parlando, invece, della sua seconda grande passione, il cinema, quali opere hanno influenzato in modo significativo la sua carriera?
“Sicuramente Viale del Tramonto per me uno dei film più belli di tutti i tempi (in suo omaggio Lynch ha utilizzato il nome di uno dei personaggi dell’opera di Billy Wilder, Gordon Cole, per un protagonista di Twin Peaks) e 8½ di Fellini, le cui pellicole sono arte pura. Ci siamo incontrati due volte. La prima in una giornata organizzata da Marcello Mastroianni a Cinecittà, mentre stava girando Intervista, la seconda, nel 1993, quando Federico era in ospedale e io sono andato a visitarlo insieme a Tonino Delli Colli, suo direttore della fotografia. In quell’occasione mi disse di essere triste perché i giovani stavano perdendo l’amore per il cinema”
Parliamo della collaborazione con David Bowie…
“Lo amavo molto, come tutti. E’ stata una gioia lavorare con lui in Fuoco cammina con me, tanto da volerlo come interprete di Twin Peaks. Quando il Duca Bianco rifiutò, rimasi male anche se ora capisco il perché”.
E’ vero che lei ama l’imprevisto come forza trasformatrice, necessaria allo sviluppo dell’opera?
“Assolutamente. A volte, non riusciamo a realizzare qualcosa perchè rimaniamo ancorati alla nostra idea di partenza e non accettiamo gli imprevisti che accadono durante il percorso i quali si rivelano, invece, indispensabili al raggiungimento del risultato”
Come preserva la sua creatività?
“Con la meditazione. Questo mondo è pieno di negatività e di stress che uccidono le idee. La meditazionepermette di aprire la porta attraverso cui passa la creatività, infondendo vitalità, energia e pace. Gli esseri umani sono creature meravigliose e godono di un vasto ventaglio di possibilità”.
Quindi lei non crede al fatto che la sofferenza sia di ispirazione a chi crea?
“L’idea dell’artista triste e affamato, nata se non sbaglio in Francia, è romantica e affascinante, ma non mi convince.La sofferenza non è necessaria all’arte: è sufficiente che l’artista la capisca e la sappia descrivere. Le persone, a mio avviso, dovrebbero semplicemente essere felici, soddisfatte di ciò che fanno e avere buoni rapporti con gli altri”.
Parlando di televisione…
“Per me creare per il grande schermo o la televisione non fa alcuna differenza. La gente, oggi, va meno al cinema e, quando lo fa, sceglie per lo più film d’azione. Per fortuna c’è la tv via cavo che permette agli autori di godere di maggior libertà e dar vita a storie interessanti. L’unico limite della tv è la qualità del suono e delle immagini anche se il digitale e l’HD stanno facendo progressi giganteschi”.
I numerosi fans de “I segreti di Twin Peaks” possono sperare in un sequel?
(E lui, ermetico): “E’ troppo presto per dirlo”.