Chiunque si trovi di fronte a una delle sculture di Alba Gonzales non può che rimanerne attratto: questo è ciò che è accaduto a me.
Le ragioni sono molteplici e rispondono a quella dinamica sottile di corrispondenze che si instaura tra l’armonia delle forme plasmate dall’artista e gli intimi moti dell’anima che tali forme sono in grado di suscitare. Alba Gonzales è, ella stessa, armonia: ha avuto un passato da ballerina professionista e da cantante, e la musica è stata – come ha raccontato in una bella intervista a Tiziana D’Achille – il leit motiv dell’intera sua vita, sia artistica che sentimentale; inoltre, nel suo DNA sono fuse e sublimate le molteplici origini, siciliane, romane, greche, francesi e spagnole, dunque in prevalenza mediterranee, che tutte insieme hanno alimentato e forgiato la sua creatività.
Il contesto di riferimento dell’arte della Gonzales è quello del mito e della classicità, ma anche di un certo manierismo cinquecentesco (Antonio Paolucci), mentre la spinta interiore che la muove è sempre, come da sua stessa reiterata ammissione, la ricerca imperitura della bellezza. La grazia delle forme e delle linee, la plasticità dei movimenti, gli atteggiamenti sensuali ma mai volgari propri delle sue sculture sono la cifra stilistica più evidente della Gonzales, che incredibilmente riesce a sortire questi risultati forgiando la materia senza partire da un disegno o un progetto preparatorio.
La sua arte è spontanea, immediata, fluisce dalle sue mani e dalla sua anima, che diventano un tutt’uno con il mezzo, il bronzo, scelto anche perchè così scrive il curatore della mostra Gabriele Simongini – è potenzialmente eterno, come lo sono le opere di Alba Gonzales la quale, nel forgiarle, evoca l’eternità della forma classica che si perpetua da secoli nel mondo.
In esposizione presso i giardini della splendida Villa Malfitano Whitaker a Palermo una mostra da me fortemente voluta nell’anno della cultura nella mia città natale, all’interno della quale Villa Whitaker rappresenta mirabilmente la bellezza della natura intatta e la coesistenza fra sensibilità culturali diverse, che è la più evidente caratteristica del nostro territorio siciliano.
Nel caso di specie, l’influenza della cultura inglese (di Giuseppe Whitaker) e la solare bellezza di Palermo. La mostra si compone di una ventina di sculture di varie dimensioni, che dialogano in perfetta sintonia con l’ambiente circostante, anch’esso come detto profuso di bellezza sia naturale che di matrice artistica.
Cito, a titolo soltanto esemplificativo, La Centaura di Ares, trionfante e magnifica nella sua doppia natura umana ed equina, che è un j’accuse contro la guerra; Chimera e le maschere, Sfinge e La Chimera, che nell’ibrido di vari soggetti e oggetti innestati l’uno sull’altro vogliono simboleggiare l’ambiguità e il mi- stero, vogliono dirci con Pirandello che la realtà non ha mai un solo volto; gli articolati e bellissimi gruppi scultorei intitolati Vanità e Piacere ed Eco e Selene, che utilizzano echi mitologici – come accade anche ne Il dubbio di Narciso – per darci una raffinata rappresentazione allegorica della natura dell’uomo; ma anche le leggiadre figure danzanti, così lievi da apparire quasi sospese, cui la Gonzales ha regalato titoli che suonano come una poesia, ovvero Sfidando il sogno di essere farfalla e Dietro l’ultima nota riraggiungibile; e infine le opere in un certo senso più intimistiche: Sotto il suo manto (che ricorda una moderna Madonna), Fermati, sussurra il vento, L’amore mette le ali.
In conclusione, considero l’arte di Alba Gonzales non solo fonte di reale piacere per la vista, rispondendo le sue opere a canoni estetici di grazia e precisione formale assolute, ma anche una mirabile interpretazione in chiave contemporanea dei vizi e delle virtù umane.
Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele