Per questa Biennale a Venezia c’è il mondo, come forse non mai. Fra le opere più belle e indimenticabili, le gigantesche e stupende sei paia di mani, alte 15 metri e larghe 20, che lo scultore Lorenzo Quinn ha installato fra il verde e l’acqua del Bacino piccolo dell’Arsenale.
Dopo il successo mondiale delle due mani che, due anni fa, emergevano dal Canal Grande per “sorreggere” la facciata di Ca’ Sagredo, l’artista, figlio dell’attore premio Oscar Anthony, ha voluto tornata nella sua Venezia (mamma veneziana, come la moglie) in modo ancor più spettacolare.E foto e filmati delle 12 mani che si intrecciano scavalcando il bacino di carenaggio dell’Arsenale stanno nuovamente facendo il giro del pianeta. Poco distante, nella palazzina Modelli, Spazio Thetis, Arsenale Nord ( ACTV fermata Bacini), Luca Beatrice ha curato la mostra “Pei’s World. A brief history of a Chinese gallery in Italy”. Esposte opere di sei artisti inter- nazionali: Afran (Camerun), Jorge Cavelier (Colombia), Huiming Hu (Cina), Tannaz Lahiji (Iran), Cong Ma (Cina), Giorgio Piccaia (Italia). La scelta di artisti da varie parti del mondo ha l’obiettivo di stabilire un contatto fra culture diverse
Visitare questa mostra (sino al 24 novembre) sostengono gli organizzatori, è un po’ come arrampicarsi sulla torre di Babele, l’arte è un linguaggio universale che unisce le differenze. Autentica chicca è stato il…falso “ Piedmont Pavillon” ideato, come simpatica provocazione, da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e Carolyn Christov-Baargiev e curato da Marianna Vecellio. Allestito al Combo Venezia, in Campo dei Gesuiti, a Cannaregio, il Padiglione del Piemonte ha avuto l’obiettivo di valorizzare le eccellenze culturali regionali, dall’arte contemporanea, all’imprenditoria e alla gastronomia. In esposizione, oltre ad opere della Collezione del Castello di Rivoli e della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, lavori di altri artisti piemontesi quali Michelangelo Pistoletto, Renato Leotta e Irene Dionisio, icone come la Fiat 500, la macchina espresso progettata da Lavazza per la stazione spaziale internazionale e una bottiglia di Barolo dalla cantina del grande artista Pinot Gallizio, deceduto ad Alba, nelle Langhe, nel 1964.
A Palazzo Dandolo Paulucci (vicino alla fermata di San Tomà), da non perdere la mostra Atrocity Prevention Pavillion, organizzata da The Auschwitz Institute for Peace and Reconciliation. Dall’Olocausto al genocidio degli Armeni, quanti massacri nella storia dell’umanità. Ma continuano le persecuzioni contro l’identità di gruppi di persone. In questa mostra sei artisti di Paesie località che sono stati teatro di atrocità, Argentina, Bosnia ed Erzegovina, Canada, Indonesia, Kurdistan iracheno e Sudafrica, espongono opere che denunciano i casi di violenza basati appunto sull’identità. L’appello per fermare la violenza, con opere e installazioni intense e toccanti, è rivolto a tutti, e non soltanto a chi detiene il potere. Un progetto in cui tutti possono entrare a farne parte, è l’invito di artisti e organizzatori.
Alla Giudecca, nella Chiesa di santa Maria della Presentazione, Fondamenta Zitelle, debutta con “TEE VEO, ME VEO”
, sua prima mostra in Europa, Lidia León, originaria della Repubblica Dominicana. Curata da Roberta Semeraro e da Iris Peynado, è stata promossa dalla Fondazione LiLeón e dall’Ambasciata Italiana a Santo Domingo come celebrazione del 120° anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi.
Fra le opere esposte una struttura aerodinamica composta da lamiere in alluminio specchiante che ricorda un dirigibile. Al suo interno, un abitacolo con una altalena seminascosta da una quinta di tessuto nero, chela divide a metà. Chi è dentro e chi è fuori altalenando vedranno ora il volto dell’altro (Te veo) e un attimo dopo il proprio volto (Me veo). Apparentemente un gioco, che però invita le persone a interfacciarsi per una riflessione sui problemi di natura sociale ed esistenziale, quali l’intolleranza e la privazione culturale, oltre a libertà e uguaglianza.