GLASSTRESS torna durante la 58ma Biennale di Venezia
celebrando il suo decimo anniversario. E’ un appuntamento immancabile che riunisce una selezione di artisti contemporanei di spicco provenienti da tutto il mondo in una mostra ambiziosa che esplora le infinite possibilità creative del vetro.
Il progetto ideato da Adriano Berengo esprime al meglio la missione di coniugare la tradizione vetraria muranese con l’arte contemporanea. Sin dal suo debutto nel 2009 come evento collaterale della Biennale di Venezia, GLASSTRESS ha rivitalizzato la lavorazione del vetro soffiato forgiando nuove alleanze con artisti e designer di fama internazionale, volutamente scelti per la poca o nessuna precedente esperienza con il materiale.
Il risultato di questo incontro sfugge agli stereotipi associati alla tradizione vetraria, ampliando i confini sia dell’arte contemporanea che del vetro. Nel 2019 si celebrano i 10 anni di GLASSTRESS e i 30 anni di Berengo Studio, la fornace che ha dato vita alla maggior parte delle opere esposte, con una mostra che lascia senza parole lo spettatore tanto per le opere inaspettate quanto per la location scelta: una vecchia fornace abbandonata di Murano trasformata in un suggestivo spazio espositivo.
E’ possibile ammirare opere di artisti già invitati nelle scorse edizioni, come Ai Weiwei, Laure Prouvost, Tony Cragg e Thomas Schütte e nuovi artisti quali Prune Nourry, José Parlá, Valeska Soares e Rose Wylie
solo per citarne alcuni, ispirati dal concetto di “come il vetro cambia la nostra percezione dello spazio” proposto dal curatore brasiliano Vik Muniz. Non manca il contributo di impor- tanti artisti italiani tra cui Monica Bonvicini, il maestro Lino Tagliapietra e Antonio Riello.
Un’altra sezione della mostra, curata dal belga Koen Vanmechelen, è dedicata alla retrospettiva di GLASSTRESS in cui sono esposti alcuni dei lavori più importanti degli ultimi dieci anni, tra cui Mutter (2016/17) di Erwin Wurm; Laura’s Hands (2011), opera di Jaume Plensa; A Different Self (2014) di Mat Collishaw; Carroña (2011) di Javier Perez; Shitting Doves of Peace and Flying Rats (2009) di Jan Fabre. Riferendosi alla curatela della retrospettiva,
Vanmechelen afferma: “il mondo dell’ignoto e dell’invisibile diventa visibile e tangibile attraverso bellissimi scontri nel tempo”.
Dallo scontro tra passato e presente emergono opere d’arte che partendo dalla tradizione proiettano lo spettato- re verso nuove esperienze visive. Molti artisti infatti, tra cui lo stesso Vik Muniz, hanno utilizzato alcune delle tecniche artigianali tradizionali di Murano in modo inaspettato e innovativo. Noto per aver incorporato oggetti quotidiani nei suoi collage e mosaici fotografici, Muniz si è appropriato di una tecnica decorativa secolare, la “murrina” in vetro, per realizzare un autoritratto iperrealistico.
Riferendosi alla collaborazione con Berengo Studio, Vik Muniz dice: “L’idea di trasformare Murano infondendo una linfa vitale nell’arte creativa vetraria porta una nuova visione di ciò che il vetro può essere e quello che può fare. GLASSTRESS parla di tradizione, della storia della città e di ciò che è stato realizzato in questo luogo secoli fa. È un modo molto interessante non solo per comprendere come la città si è adattata al suo contesto quale capitale dell’arte contemporanea, ma anche come sia riuscita a conservare ancora molto della propria anima”.