Lo studio della luce e dello spazio ha appassionato tra arte moderna e contemporanea molti artisti. Si pensi al pensiero di André Derain che evidenziava come la sostanza della pittura fosse nella luminosità.

In tale dialettica Mario Deluigi (Treviso 1901-Venezia 1978) è stato un maestro che dalla figurazione ha raccolto riferimenti derivanti dal cubismo, situazione riscontrabile anche nell’iter di Afro e Vedova per aprirsi a una pittura maggiormente libera. Infatti nel periodo Fisiologico (1943-50) le forme assumono caratteristiche surreali in strutture plastiche all’interno di ambiti spaziali.

Mario Deluigi
Mario Deluigi, donne sotto l’ombrello 1939-40

Fu proprio in occasione della mostra alla Galleria del Naviglio di Milano, nel 1947, a far entrare Deluigi in contatto con quei concetti del movimento spazialista che, successivamente, interiorizzò dopo la fase da lui definita degli Amori (1950-52) caratterizzata da un segno maggiormente libero diviso tra luce e colore.

L’anno 1953 rappresenta la svolta con una nuova sperimentazione che lo contraddistinguerà fino alla fine: il Grattage. Attraverso tale tecnica Deluigi elaborò una personale disamina su luce, colore e materia. L’idea artistica del grattage nacque attraverso un intervento sulla super- ficie dipinta con l’ausilio di bisturi, taglierini, lamette, spatole e dorso di pennelli.

Un’intuizione utile al maestro per creare e porre in evidenza l’essenza della luminosità, atta a variare in situazioni diverse di luce, o come affermava Deluigi stesso, determinante a formulare una “condizione dello spazio”. Una produzione artistica originale che lo porrà con merito all’interno del panorama artistico internazionale del tempo.