Il verbo riscoprire, nella storia dell’arte, può spesso assumere una valenza purtroppo negativa in quanto sottintende una rivalutazione di un iter artistico dimenticato per motivi storici, critici e di mercato.

Nella contemporaneità, quante disamine di artisti passati dovrebbero essere nuovamente inserite all’interno di riproposizioni, per creare una visibilità nei confronti di una società spesso distratta dalla convenienza e dalla comodità culturale? Queste azioni possono avere fini commerciali, ma anche fortunatamente essere frutto di un lungo percorso di studi e ricerche.

Partendo proprio da quest’ultimo aspetto deve essere inserita la pubblicazione della prima monografia dedicata al poliedrico artista Giuseppe Borsato (Venezia 1770 – 1849).

L’autore dell’opera Roberto De Feo, lungo trent’anni di approfondimenti e indagini, ha scritto per la prima volta uno strutturato catalogo ragionato all’interno del quale ogni ricerca, che il maestro Borsato portò avanti lungo la personale carriera, viene analizzata al fine di rendere il giusto tributo a un’artista versatile.

Nelle interessanti 688 pagine il docente universitario, del Dipartimento di Studi Umanistici e del Patrimonio Culturale di Udine, De Feo documenta in una puntuale disamina Giuseppe Borsato vedutista, disegnatore, scenografo (dal 1810 stabile presso il Teatro La Fenice), progettista di arredi e ornatista frescante senza dimenticare diversi cicli perduti sempre trattati all’interno del libro.

In questa sede il merito del professor De Feo è stato quello di porre in essere dopo lunghi studi, senza cavalcare l’attuale moda del momento d’individuare “facili” nomi, un strutturato iter artistico per un’artista veneziano dall’intelletto profondo, ma posto nel dimenticato troppo presto per un probabile e facile utilizzo del termine “accademico” che, soprattutto con l’avvento delle avanguardie del novecento, ha etichettato frettolosamente negli anni molti iter artistici validi e lontani dalla banalità compositiva.