Scoprire ciò che può accadere dentro una cornice” è la definizione che il fotografo americano Garry Winogrand, dà della fotografia. Ed in fondo, che cos’è il talento del fotografo se non quello di ritagliare infinitesimi rettangoli di realtà? Saper addensare, o più propriamente affocare, all’interno di una cornice le proprie esperienze, la propria conoscenza.
Non tutti possiedono questa particolare attitudine, si tratta di un miscuglio di sensibilità e cultura impresso nell’immagine fotografica. È assimilabile al talento di un musicista. Chiunque può imparare a suonare uno strumento, ma vi sono persone che, preso in mano un clarinetto o una chitarra, si sono accorte che per loro suonare era facile e sopratutto naturale.
Calvino afferma che il talento si manifesta una sola volta nella vita, e solo in un momento particolare che spesso coincide con la giovinezza, un dono che occorre la fortuna di incontrare e saper riconoscere. Francesco Loliva, incontra il proprio talento negli anni dell’università, quando studiava per diventare medico e iniziava a fotografare con una gloriosa fotocamera russa; una Lubitel 2.
Da allora sono passati più di trent’anni ed egli non ha mai smesso di fotografare. Questo non è un fatto straordinario, sono molti i fotografi che come lui hanno alle spalle una lunga carriera, penso a Ralph Gibson o all’italiano Mimmo Jodice, e potrei continuare ancora. Per fortuna la lista è lunga.
La maggioranza di questi autori ha perseguito un unico genere fotografico, con un’estetica ed uno stile che negli anni ha subito solo minime variazioni diventando per alcuni un marchio di fabbrica. Pensiamo ad Helmut Newton o a Franco Fontana, grandi fotografi che si sono nutriti del loro talento, clonando ed affinando il loro stile, sino a renderlo un’icona.
Un approccio diverso lo ha avuto Francesco Loliva, che ha impiegato questi anni a mettere continuamente alla prova la sua dote. Piuttosto che della sua carriera dovremmo qui parlare delle sue “carriere”. Loliva, si è impegnato in campi della fotografia diversi e distanti tra loro riuscendo al contempo a tenere la barra a dritta verso la propria poetica ed il proprio linguaggio.
Ha fotografato il paesaggio della sua amata Puglia, ma ha praticato la fotografia di viaggio e anche il reportage antropologico, utilizzando con maestria il colore e anche il bianco e nero. Possiamo senza dubbio affermare che la fotografia è per lui un fatto quotidiano, un esercizio visivo continuo, ma anche di comunicazione, di lettura dell’ambiente e del paesaggio inteso nel senso più ampio del termine.
Un mestiere il suo, come quello dell’artigiano che ogni giorno, inconsapevolmente, affina la sua tecnica ed accresce l’esperienza. La tecnica è per il fotografo ciò che è la scrittura per il poeta. Ad una totale padronanza della tecnica, corrisponde la maggior possibilità d’espressione; grazie a questa, Loliva può mostrarci l’immagine che egli ha cercato, pensato, atteso.
Si tratta di una porzione di realtà che ha manipolato e che acquista significato. È il fotografo che decide “come mostrare”. Come ripete sovente Italo Zannier “La fotografia non è palese”. È la realtà divenuta scrittura fotografica. Che cosa leggo nelle sue immagini? Quello che immediatamente colpisce è l’estrema nitidezza, un valore che Loliva persegue e che caratterizza tutta la sua produzione, dove non incontriamo mai immagini sgranate o mosse.
È una nitidezza che congela gli eventi e li presenta in maniera epica, quasi metafisica. Emerge il silenzio, come il fischio nel deserto, che cattura l’attenzione ed impone a chi guarda una pausa. L’occhio inizia a vagare con un movimento circolare sulla superficie della foto. Ed ecco le nuvole nel cielo, le cortecce degli ulivi, le increspature del mare, riempire l’immagine come un fine ricamo, senza lasciare vuoti, come nodi di un prezioso tappeto. È questo che pone l’opera di Francesco in perfetto proseguo con la tradizione iconografica di vedutisti come Tintoretto.
Ma in fondo è la vita quella che Francesco Loliva rappresenta. Ora possiamo fare un passo indietro per
accorgerci che non vi è nulla di “colto al volo”, bensì ogni immagine è meditata a lungo, è il frutto di un pensiero profondo, di un progetto che sta alla base di tutto. Ogni sua fotografia è un tassello magnifico, che acquista ancor più valore in rapporto alle altre.