La memoria è un elemento di continuità da consegnare alla sguardo del futuro. Un filo da decifrare. Una proiezione che travalica la superfice del quadro.
Ed è la luce alla base di ogni proiezione, di ogni disegno. Le tele di Fabio Bianco sono immagini purificate, idealizzate, proiettate nei sogni e divenute immaginarie, non prive di ludica vitalità. La favola sembra essere uno dei nostri bisogni inconsci anche quando riteniamo d’essere razionali.

La ricerca condotta da Bianco, è tesa a mescolare invenzione e realtà, esperienza vissuta o inventata, sommata e fusa al fine di ricreare un palcoscenico visionario pieno di luoghi favolosi, elementi decifrabili e indecifrabili, figure concrete e pura apparizione. La scomposizione, il dinamismo, il cromatismo accecante, rimandano all’atteggiamento e al pensiero dei futuristi se non fosse che le loro deformazioni dichiaravano guerra al sentimentalismo ma, in fondo non al sentimento.
Fatto è che l’esasperazione visiva abilmente dipinta dall’artista, con il suo personale contrasto cromatico, conquista una sua forza, una sua sincerità, compie una specie di miracolo: diventa più umana. Le sue visioni, il suo sguardo rivolto all’interno di sontuosi palazzi, reali o sognati, dove l’incanto e lo splendore confluiscono in superfici palpitanti, dissonanti, pronte a dilatarsi ed esplodere alla conquista di un respiro vitale, insito in quegli spazi non del tutto svelati.
Non vi sono figure umane nei suoi dipinti eppure è quel respiro che anche il nostro sguardo sembra avvertire. Un respiro incessante, di anime, di coloro che quei luoghi li abitano, senza neppur accorgersi di appartenere a un tempo in perenne metamorfosi.
Fabio Bianco, aboriginal flowerFabio Fabio Bianco Fabio Bianco