H-Farm digitale è la parola che negli ultimi anni, e negli ultimi mesi ancor più, riempie i discorsi di tutti, i servizi dei tg, le pagine dei giornali. Digitale è la realtà con la quale, sempre di più, il mondo ha e avrà a che fare.

Digitale è la passione che ha animato e anima Riccardo Donadon, ideatore, fondatore, presidente e amministratore delegato di H-FARM, la piattaforma di imprenditoria, formazione e innovazione alla quale l’imprenditore trevigiano ha dato vita nel 2005 e che rappresenta il più noto incubatore italiano di startup.

Riccardo Donadon
Riccardo Donadon

Il trattore rosso ne ha fatta tanta di strada e tanta vuole continuare a farne. Uno sviluppo costante che,  dopo l’approvazione del piano industriale 2020-2024, punta a raggiungere i 126 milioni di euro (Ebitda positivo a 12 milioni di euro) nel 2024.

Ma qui non vogliamo parlare tanto di business, quanto di digitale. Una realtà, è proprio il caso di dirlo, che negli ultimi mesi, in corrispondenza dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19, sta facendo passi da gigante e di cui Donadon potrebbe essere definito il “profeta”.

«Profeta io? No, profeta no. Credo che mi si possa definire incosciente. Anche folle, forse. Certamente testardo: non mollo un obiettivo che mi sono prefissato, voglio tagliare un traguardo che mi sono posto».

In quest’ultimo anno ha mai avuto la tentazione di dire … ve l’avevo detto?

«In questo ultimo anno e mezzo, il digitale e  le sue potenzialità sono stati scoperti alla grande. Si è capito che l’infrastruttura digitale garantisce il mantenimento di un rapporto, nei più diversi ambiti, e che è divenuto non solamente utile ma anche indispensabile: nel mondo del lavoro e in quello della scuola in primis. Possiamo dire che sì, il Covid è stato un acceleratore per il digitale che ha avuto una valorizzazione inaspettata. In H-FARM abbiamo vissuto e stiamo vivendo questo periodo, che indubbiamente è di difficoltà generalizzata, come la conferma che le nostre intuizioni e il nostro lavoro sono stati utili e necessari».

Non c’è il rischio di venire travolti da un eccesso di digitalizzazione?

«La fisicità è imprescindibile. La H di H-FARM non è lì per caso.  H sta per human: per dire che è la tecnologia a servizio dell’uomo e non viceversa.

Penso che siamo nella fase primitiva della tecnologia e che, con essa, abbiamo un rapporto compulsivo, la usiamo – parlo di noi adulti, vecchie generazioni – in maniera esagerata. Ci siamo presi e ci stiamo prendendo una sbornia di tecnologia. La nostra generazione (Donadon è nato nel 1967, ndr) la vedo molto in difficoltà perché non ha ancora la piena consapevolezza di che cosa significhi digitale e si è accorta delle infinite possibilità che esso offre solamente, o in gran parte, per colpa di una tragedia quale è il Covid.

Non è così per i più giovani che, ritengo, usino la tecnologia e il digitale per quello che serve. Verso le nuove generazioni io sono ottimista. Così come verso il futuro: credo che grazie al digitale e alle nuove tecnologie ad esso legateavremo più tempo da dedicare a noi stessi, al pensiero, a tutto ciò che ci fa stare bene.

La serra H-Farm
La Serra – H-FARM

Avremo un mondo più piccolo e io questo lo vedo come un’opportunità: anche perché ci sarà un insieme ampio di persone che lavora insieme per costruire qualcosa e non il singolo. Certo, ci si dovrà preparare perché la frequenza è cambiata e i cambiamenti avranno un aumento di velocità considerevole. Tra una decina di anni ci sarà un’altra esplosione, quella del quantum computing (i computer quantistici che puntano asfruttare le proprietà della fisica quantistica, “ragionando”in modo diverso da quelli attuali, non lineare ed elaborando le informazioni a una velocità di molto superiore, ndr). Il salto sarà inimmaginabile».

H-FARM e i giovani, un rapporto speciale.

«Tre sono le direttrici del lavoro di H-FARM: la consulenza per le aziende, la nascita e la crescita delle startup, la formazione e l’educazione. Grande è, indubbiamente, il senso di responsabilità verso le nuove generazioni. A me piace dire che negli ultimi quindici anni mi sono drogato di bella gioventù. Noi qui abbiamo la fortuna qui di avere un campione di giovani che ci cerca per fare un’esperienza particolare, nuova, dinamica, con un atteggiamento imprenditoriale.

Io vedo una generazione che vuole essere padrona del proprio futuro. I punti fissi delle generazioni precedenti non ci sono più. E anche il mito del posto fisso ha perso di consistenza. Vedo, inoltre, una generazione che ha maggiore attenzione verso quello che accade intorno: noi vecchia generazione avevamo un’attenzione più sfumata».

A proposito di giovani, lo scorso giugno Depop, l’app per vendere e comprare prodotti unici fondata da Simon Beckerman nel Campus H-FARM nel 2011, è stata acquisita da Etsy, il marketplace americano quotato al Nasdaq, per 1.625 miliardi di dollari. Genererà per noi un incasso di circa ulteriori 6 milioni di euro, con un ritorno di 15.5 volte rispetto all’investimento iniziale. Numeri incredibili.

«È una delle tante soddisfazioni di questi anni. Ma noi guardiamo sempre al futuro e per il futuro mi piacerebbe nascesse un’esperienza di successo per un ragazzo che è qui ora a studiare. Sarebbe il coronamento di un percorso di dialogo, collaborazione e crescita tra il mondo della scuola e  quello del lavoro. Ma gli obiettivi, i sogni, sono anche altri.

Dica.

«Oggi si parla tanto, e giustamente, di inclusione. Ecco, sempre rimanendo in ambito scuola, mi piacerebbe si riuscisse a studiare e attuari percorsi specifici, concreti per quei ragazzi che hanno delle disabilità, penso – solo per fare un esempio – a quelli affetti da sindrome di Asperger, che, se lavorassero in un certo modo, potrebbero diventare degli artisti incredibili».