Mel Ramos (nato nel 1935 a Sacramento, in California e deceduto il 14 ottobre 2018 ), è stato uno dei più importanti maestri della pop-art americana. Al pari degli altri protagonisti di questo movimento artistico esploso negli Stati Uniti agli albori degli anni Sessanta, la sua attenzione si è concentrata su quel consumismo celebrato in maniera eclatante dalle campagne pubblicitarie.

Ma a differenza della seriale e talora freddamente chirurgica essenzialità di un Andy Warhol o della fumettistica, distillata figurazione di un Roy Lichtenstein, Ramos rivolge la sua attenzione al connubio tra pin up dalle nudità esibite con generosa evidenza e il prodotto da reclamizzare.

Il tutto attraverso una pittura calda, solare e sensuale evidentemente favorita dal clima della regione originaria, così diverso dalla ritmata e talora ossessiva regola comportamentale tipica degli abitanti di una metropoli come New York. E probabilmente tale distacco gli permette da un lato di argomentare quel piacere edonistico che trapela dalle sue opere e dall’altro di attivare con particolare efficacia la conseguente arma dell’ironia.

“Le sue procaci protagoniste promuovono il proprio corpo sovrapponendolo all’oggetto da propagandare: esse stesse diventano così un accattivante oggetto di consumo almeno visivo e attivano un’ammiccante complicità”

Infatti le sue procaci protagoniste promuovono il proprio corpo sovrapponendolo all’oggetto da propagandare: esse stesse diventano così un accattivante oggetto di consumo almeno visivo e attivano un’ammiccante complicità con l’osservatore catturato da tanta seducente bellezza.

Questi corpi, giocati su più piani, acquisiscono inoltre una vocazione tridimensionale che ne esalta le forme. Pertanto la loro traduzione in sculture dipinte diventa un successivo passo ammantato di ineluttabilità. Nella presente circostanza si va quindi da “Chiquita Banana”, dove il frutto esotico erutta verticalmente il busto armonioso di una ragazza, “Hava- Havana-2”, dove la modella è adagiata su un sigaro di ragguardevoli dimensioni, a “Barbiburgher” che propone una miss comodamente seduta su un panino farcito nel ruolo insolito di soffi ce cuscino, a un’opera come “The Pause That Refreshes” caratterizzata da un sinuoso “lato b” debordante da un’etichetta della Coca Cola. E così via.