La vita e l’arte di taluni pittori è tanto singolare e unica da vedere i propri contorni confondersi nel mito e nella leggenda. È questo il caso di Mattia Moreni (Pavia 1920 – Brisighella 1999), al quale la galleria Farsetti dedica un’importante mostra nei suoi spazi di Cortina.

Capelli biondi e mascella gorillesca erano i geni che Mattia Moreni raccontava di aver ereditato dai suoi antenati Asburgo, gli stessi che ritroviamo nei ritratti di Velázquez esposti al Prado di Madrid.

LA BELLA ASBURGO. AUTORITRATTO N. 57, 1992 OIL AND MIXED MEDIA ON CANVAS CM 136 X 105

A volte raccontava del lungo soggiorno parigino, definendo “gli anni di un divertimento folle”, quando il suo studio era situato all’interno del Moulin Rouge, tra stucchi floreali, corsetti e calze di seta.

Lo storico Renato Barilli di quel periodo ha scritto “esponeva i suoi dipinti alla Rive Droit, fianco a fianco con tutti gli astri di quel momento cruciale: Fautrier, Dubuffet, Pollock, Tobey, Appel e Jorn”. Basterebbero le autorevoli parole di Barilli per dire chi è stato Mattia Moreni e quanto oggi significhi la sua opera, ma questo è solo l’inizio; la prima gioventù dell’artista.

MORENI A 5 ANNI DI SUA ETÀ. AUTORITRATTO N. 28, 1991 OIL AND MIXED MEDIA ON CANVAS CM 120 X 100

Moreni ha partecipato a molteplici edizioni della Biennale di Venezia (la prima volta nel 1948), ma anche a Documenta a Kassel (1955), ed è presente in musei pubblici e collezioni di tutto il mondo.

Nel 1952 entra a far parte del Gruppo degli Otto promosso dal critico d’arte Venturi, insieme a Corpora, Morlotti, Santomaso, Vedova. In ogni decennio della sua vita d’artista è stato visionario precursore del proprio tempo, immortalando nella tela nuovi linguaggi e incarnando il presente.

Dagli esordi postcubisti all’astrazione, dall’Informale, che egli ha rappresentato e innovato, sino alla Pop art. Nelle sue ultime creazioni, l’uomo si fonde con la macchina, con il computer, in immagini tanto forti da rappresentare il nostro presente che egli non ha mai vissuto.